Palazzo Marliani Cicogna

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Palazzo Marliani Cicogna

10 aprile- 22 maggio 2022

PALAZZO MARLIANI CICOGNA – 10 aprile- 22 maggio 2022

Piazza Vittorio Emanuele II – Busto Arsizio (Va)

Orari visita:

Orari visita: martedì, mercoledì e giovedì 14.30/18.00 – venerdì 9.30/13 e 14.30/18 – sabato 14.30/18,30- domenica 15-18.30

Domenica chiusura alle ore 18.30

Ingresso libero

MONIKA BULAJ

BROKEN SONGLINES

Monika Bulaj, fotografa, reporter, documentarista e performer, svolge la sua ricerca sui confini delle fedi tra minoranze etniche e religiose, popoli nomadi e fuggiaschi, in Europa, Asia, Africa e nei Caraibi.

Ha studiato filologia all’Università di Varsavia, seguito corsi di antropologia, filosofia, teologia. Pubblica con Granta Magazine, La Repubblica, Corriere della Sera, Revue XXI, Internazionale, GEO, National Geographic, New York Times, e Guardian, ecc. Autrice di libri di reportage letterario e fotografico con Alinari, Skira, Frassinelli, Electa, Feltrinelli, Bruno Mondadori, National Geographic, Contrasto. I suoi ultimi libri sono: “Where Gods Whisper” (Contrasto), “Genti di Dio. Viaggio nell’altra Europa” (Postcart), “Nur. Afghan Diaries” (National Geographic Poland), “Nur. La luce nascosta dell’Afghanistan” (Electa, scelto da TIME come uno dei migliori libri fotografici del 2013).

Tra i riconoscimenti ricevuti: Leonian award di W. Eugene Smith Memorial Fund; TED Fellowship ; Aftermath Project Grant; Bruce Chatwin Special Award for Photography “Absolute Eyes”. Nel 2014 le è stato consegnato il Premio Nazionale “Nonviolenza”, per la prima volta assegnato ad una donna, con questa motivazione: “per la sua attività di fotografa, reporter e documentarista, capace di mettere in luce l’umanità esistente nei confini più nascosti eppure evidenti della terra, di far vedere la guerra attraverso le sue conseguenze, di indagare l’animo dell’Uomo, la sua ansia di religiosità, di tenerezza e di dignità. Monika Bulaj rende visibile l’invisibile, attraverso l’esplorazione dell’animo delle persone, creando con l’immagine, l’unità dell’umano.”  Il suo lavoro in corso è stato sostenuto da Pulitzer Center on Crisis Reporting.

GIORGIO LOTTI

VIAGGIO NEL ‘900

Courtesy Fiaf

Giorgio Lotti è nato a Milano nel 1937 e, fin da subito, la sua vita è stata indissolubilmente legata all’arte: lavorò per una delle riviste più innovative del tempo, ossia il settimanale Epoca, che si distinse da tutti gli altri periodici per la qualità della stampa e l’accurata trasposizione delle immagini a colori dei numerosi servizi fotografici che utilizzava per raccontare storie. “Viaggio nel ‘900” è una mostra dedicata appunto a Giorgio Lotti e che si terrà a Bibbiena a partire dal 27 giugno 2020, in cui verranno presentati (non in ordine cronologico) i lavori più iconici che ha realizzato per la rivista oltre che un buon numero di immagini singole, tra cui ritratti, realizzati durante la sua vita fotografica. Come il titolo lascia intendere, il percorso è un’immersione a 360° nell’epoca del Novecento, contraddistinta da personaggi unici e stili di vita che hanno segnato anche le nostre generazioni.

Giorgio Lotti si è fatto notare anche per i suoi reportage sociali, tra i quali è impossibile non citare quello che realizzò sul finire degli anni 60′ in cui trattò lo spinoso argomento dell’inquinamento che il boom economico italiano procurò, e in questa mostra abbiamo la possibilità di conoscere nel dettaglio la sua importantissima figura, una delle più rilevanti e rispettate della fotografia nostrana. Altro lavoro che ebbe una rilevanza sociale altissima fu il reportage sugli sbarchi degli immigrati, realizzato ne 1991, ancora oggi di sbalorditiva attualità. Tra i tanti ritratti realizzati da Giorgio Lotti c’è quello di Zhou Enlai, il primo ministro cinese, realizzato nel 1973 e che divenne una delle immagini più diffuse nella storia della nazione, arrivando addirittura ad essere inclusa nei libri di storia.

ALAN LABOILE

LE TEMPS RETROUVE’

Courtesy 29 Art in Progress Gallery Milano

Alain Laboile è nato a Bordeaux il 1° maggio del 1968. La storia raccontata dalle fotografie di Alain Laboile si dipana in un mondo in bianco e nero fatto di volti, di gesti, dell’istante quotidiano, di famiglia che non è solo affetti, ma ispirazione, ogni fotogramma custodisce il ricordo, e tracima senza velature della vitalità e della leggerezza di quel tempo senza tempo che è l’infanzia. Immagini spensierate, spontanee, non posate, dei ragazzi mentre giocano in casa o all’aperto, a stretto contatto con la natura.

Quello di Laboile è uno stile unico ed espressivo, attraverso un monocromatismo morbido, dalle sfumature avvolgenti e ovattate che ingannano la fugacità della fanciullezza, che esaltano le luci e le ombre, le forme, le linee, la trama delle superfici, le pose e i movimenti. Nel dicembre del 2012, il talento di Laboile è stato celebrato dal New York Times che ha pubblicato le sue fotografie. Da allora il suo lavoro è stato esposto in Giappone, negli Stati Uniti, in Olanda, in Argentina ed in Francia dove espone spesso a Parigi. Kehrer Verlag, uno dei più grandi editori d’arte tedeschi, gli ha dedicato una monografia nel 2015. Il grande fotografo americano Jock Sturges lo decreta tra i migliori fotografi viventi.

Oggi le fotografie di Alain Laboile hanno una loro collocazione nella tradizione storica della fotografia familiare e, dal 2014, fanno parte della collezione permanente del Musée Français de la Photographie a Bièvres, in Francia.

 

ROBERTO VILLA

L’ORIENTE DI PASOLINI: IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE

“Il fiore delle Mille e una notte” di Pier Paolo Pasolini, ultimo film della “Trilogia della vita”, nacque da lunghi viaggi in paesi remoti e arcaici come l’Iran e lo Yemen. Viaggi che ebbero un testimone, Roberto Villa, un fotografo che condivise con Pasolini e la troupe alcune settimane sul set. Ne derivarono alcune splendide fotografie che restituiscono la magia figurativa e la fisicità popolare del film più visionario di Pasolini e ne arricchiscono la conoscenza con uno sguardo sul mondo arabo che lo ha ispirato. Questo libro riunisce una scelta di fotografie inedite di Villa che mostrano i corpi e i luoghi all’origine dell’immaginario pasoliniano e alcuni ritratti del poeta-regista al lavoro sul set, accompagnate da rare interviste e testi di Pasolini su una concezione antropologica, narrativa ed estetica che si contrapponeva allo “sviluppo senza progresso” del presente.

Incontrai Pier Paolo Pasolini nell’autunno del 1972, a un dibattito a Milano. Alla fine del convegno l’avvicinai per chiedergli se avesse tempo e voglia di parlare del problema del linguaggio e della semiologia nel cinema. Mi guardò stupito, sorpreso che qualcuno con una fotocamera al collo potesse parlare di quegli argomenti. Mi disse che era interessato, aggiungendo però che a breve sarebbe partito per il Medio Oriente. “Ma se vuoi – mi disse – avverto la produzione che c’è un fotografo sul set…”.  Per un freelance abbandonare il lavoro per un tempo indeterminato significava interrompere tutti i contatti in essere. Ma fu una scelta vincente. C’è un ritratto iconico in cui Pasolini posa, caso unico nella sua storia, con una mano sulla cinepresa e con l’altra tiene il ciack del film. Lo avevo colto mentre guardava verso di me, allora gli avevo dato il ciack e gli avevo detto che volevo fare un ritratto.  Lui mi disse “Sì vabbè, ma è una finzione”, e quando risposi che lo è anche il cinema, memore delle nostre discussioni, lui sorrise e io scattai. Qualche mese dopo il rientro in Italia gli portai una selezione di diapositive. Quando chiuse il book mi disse “Hai realizzato un film in cui tu eri il regista e io l’attore “.

Pier Paolo Pasolini mi ha detto “Voglio fare Cinema inconsumabile che, per capirlo, occorra vederlo e rivederlo molte volte. Un cinema di poesia e, come la poesia, si rilegge e se comprende meglio i significati”. Pasolini ha fatto un cinema molto difficile e, anche ne “Il fiore delle mille e una notte”, sono presenti continui momenti che necessitano di decriptazione nonostante la loro apparenza semplicemente narrativa. Pier Paolo Pasolini mi ha offerto la possibilità di conoscere il Medioriente e la sua estrema ricchezza culturale. Nel 1973 l’impianto sociale non era stato privato dell’autenticità da eventi estranei. Nelle fotografie si può vedere sia Pasolini al lavoro sia il contesto in cui si muoveva durante le riprese, come l’aereo che trasportava i materiali per il film e doveva atterrare nel deserto perché mancavano le piste. Le immagini non riguardano solo il backstage del film, ma anche la morfologia ambientale e la antropologia del luogo. I ritratti non sono catturati all’insaputa dei soggetti, le persone si lasciavano fotografare. C’era disponibilità. La gente era autentica, genuina, sorrideva. Persino le ragazze, con i loro vestiti che rappresentavano un elemento problematico, avevano gli occhi sorridenti di chi si lascia fotografare, cosa che oggi non accadrebbe. Quello che ho documentato è un mondo perduto.

Backstage: Pier Paolo Pasolini uomo e regista

Il viaggio per arrivare ad Aden, dove mi sarei incontrato con la troupe, è stato degno di un film di Indiana Jones e anche i giorni di ripresa sono stati decisamente pesanti da affrontare. Talvolta ci alzavamo alle quattro e rientravamo alle quattro del mattino seguente. Dovevamo sopportare sbalzi di temperatura da -12 a + 56 gradi e ci spostavamo con mezzi tragicomici, come i Dakota risalenti alla guerra. Quello che mi ha consentito di lavorare con grande facilità è stato senza dubbio il rapporto instaurato con la troupe. Un giorno durante le riprese inciampai su un piccolo treppiede nascosto da un tappeto, facendo cadere una lampada. “Che peccato – disse Pasolini – veniva così bene!” Ma subito una voce con accento romanesco intervenne dal fondo: “Niente dottò, una lampada s’è bruciata, adesso la sostituiamo, nun c’è problema!” Ero diventato uno di loro. D’altra parte anche Pasolini non ha mai fatto parti da regista furibondo, non l’ho mai visto arrabbiato. La massima offesa che gli è scappata di bocca, rivolta ad uno della troupe che aveva fatto cadere un fondale durante una ripresa è stata “Che salame!”. Di quella ridente esclamazione ho l’immagine istantanea, autentica, di un Pasolini ridente mentre lancia il pesante epiteto.

 

SGUARDI CONTROCORRENTE 

Video installazione – Sala Don Rossi – Palazzo Marliani Cicogna

A cura del Centro Diurno per persone con disabilità “C.D.D. “Belotti Pensa, con la collaborazione del C.D.D. “Ada Negri di Cooperativa Sociale Società Dolce 

Con il supporto tecnico e realizzativo dell’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni

All’interno dei nostri Centri (C.D.D. “Belotti Pensa e C.D.D. “Ada Negri”), abbiamo pensato di effettuare percorsi fotografici che permettessero ai nostri utenti di sviluppare una capacità percettiva del mondo circostante.

La percezione delle cose è sempre filtrata dalla propria storia e da quello che evoca in ognuno di noi che spinge la persona a fotografare alcuni soggetti con diverse angolature e sfumature. Ogni atto fotografico è determinato da una scelta che effettuiamo, a volte in modo inconsapevole, con il fine di comunicare ed emozionare sé e gli altri.

Nasce così l’idea di voler immortalare attimi dove l’attore diventa lo sguardo, quella parte dell’essere umano che riflette in maniera immediata le nostre sfumature emotive più profonde dove non serve la mediazione della parola.

Alcuni dei nostri utenti hanno così iniziato il percorso che li ha portati a realizzare ritratti fotografici la cui essenza ha permesso la partecipazione a questa mostra fotografica che abbiamo voluto intitolare “Sguardi Controcorrente”.

Crediamo sia importante ricordare come i centri diurni comunali per persone con disabilità “Belotti Pensa ed Ada Negri, gestiti dalla Cooperativa Sociale Società Dolce, stiano da tempo promuovendo una nuova cultura che vede la diversità come ricchezza del patrimonio umano con anche l’obiettivo di scoprire nuovi talenti, ribadendo che “l’arte non ha etichette”.

Fotografare gli sguardi come testimonianza, al di la’ dell’attrezzatura utilizzata, dipende dalla ricerca e dalla sensibilità propria dell’autore. I nostri ragazzi sono ancora in percorso ma hanno realizzato delle immagini significative che pongono degli interrogativi a chi osserva i loro lavori. “La diversità sta negli occhi di chi guarda ma non nel cuore di chi osserva.”

Abbiamo voluto racchiudere il materiale raccolto nel tempo e produrre un videofilmato al fine di far emergere che l’importanza non è comprendere se una persona presenta disabilità ma che ogni persona va guardata e considerata al di la’ del problema che vive. Lo sguardo fa emergere la parte più profonda di noi che comunica quanto sta avvenendo nel cuore delle persone in quel dato istante, al di la’ delle etichette che siamo abituati ad apporre alle persone che riteniamo diverse da noi.

In questo videofilmato siamo tutti diversi, così come nella vita, ed ognuno esprime la propria interiorità comunicando stati espressivi che verranno letti in modo differente da chi osserva. Possiamo quindi dire che avvengono una serie di relazioni circolari, fra la persona che viene fotografata, il fotografo e la persona che osserva il ritratto fotografico. Da qui molte impressioni ed interpretazioni che rendono sempre la visione delle opere fotografiche una realtà soggettiva, come ognuno di noi è un individuo unico ed irripetibile.

 

MUSICA E IMMAGINI-LE PASSIONI DI ANNA

A cura di ANFFAS Ticino Somma Lombardo

Anna inizia il proprio percorso nel mondo della fotografia grazie ad un laboratorio espressivo e comunicativo tenuto da un Educatore Professionale esperto, il quale nei primi anni 90 avvicina a questo mondo alcuni ospiti della Comunità di Maddalena, facendo sperimentare varie tecniche fotografiche. Gli esordi raggruppano immagini esclusivamente riguardanti i momenti di vita dei residenti della Comunità. Successivamente Anna viene accompagnata singolarmente da un volontario appassionato, Giancarlo Briante, il quale le permette di utilizzare varie tipologie di macchine fotografiche, da quelle più basiche a macchine più professionali, con le quali realizza immagini di un certo rilievo artistico. Anna è riuscita a unire due grandi passioni: musica e fotografia. Durante i momenti di gioia nel sentire musica dal vivo, ha comunicato il desiderio di immortalare tali momenti, esprimendo con l’immagine il proprio piacere di sentire musica. Oggi Anna manifesta la propria presenza attraverso l’ausilio della fotografia, immortala tutti i momenti rilevanti della vita comunitaria e delle proprie esperienze significative, condividendole con amici ed utenti dei social ai quali è iscritta.

Anna Ruggiero è nata a Ercolano (Na) il 11/06/1966. Vive nella Comunità di Maddalena, gestita dall’Anffas Ticino Onlus di Somma Lombardo da oltre trent’anni, dopo una giovinezza passata in un istituto del napoletano. Anna ha trovato nell’ambiente comunitario un luogo dove sviluppare e sperimentare i propri affetti, interessi, capacità e potenzialità, cioè quelle cose semplici che permettono ad ogni persona di sentirsi realizzata. I rapporti e le relazioni che Anna ha costruito negli anni hanno rafforzato il suo senso di appartenenza: Anna, nella Comunità di Maddalena si sente “a casa”. Anna circa 20 anni fa si avvicina alla fotografia grazie ad un laboratorio espressivo gestito da un Educatore Professionale, al gruppo laboratoriale viene data l’opportunità di esprimere e di dare voce al proprio universo interiore, catturando con l’obiettivo fotografico la realtà che li circonda. Da quel momento Anna non perde l’occasione di immortalare momenti di vita quotidiana, utilizzando qualsiasi strumento a propria disposizione, dalla macchina professionale al semplice cellulare, che diventano mezzi per raccontare quello che è e quello che vive. Grazie al coinvolgimento di un volontario, Giancarlo Briante, con il passare del tempo Anna ha affinato tecnica, metodo e competenze che hanno permesso lo sviluppo di opere sempre più apprezzate da amici, conoscenti e utenti dei social a cui lei è iscritta. La macchina fotografica è divenuta per Anna “una compagna inseparabile” sempre presente nelle occasioni di festa, vacanza, gioia, solitudine e tristezza. L’idea di raccogliere il materiale prodotto da Anna e proporlo per una mostra fotografica nasce da una volontaria, Cristina, che collabora con la nostra Associazione, e si è attivata per realizzare questo progetto. Questa mostra rappresenta per Anna una grande opportunità di condivisione e confronto con la collettività, un’occasione per promuovere processi di inclusione sociale e per contribuire a modificare la percezione comune della persona con disabilità

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